Musica e suono rappresentano, da sempre, la nostra quotidianità. Entrambi sono una componente primaria della percezione umana e, senza di loro, gran parte del nostro vissuto perderebbe valore e significato. La musica, si sa, può condizionare il nostro umore e le nostre emozioni al punto da riuscire a stimolare anche le pulsioni più nascoste e i nostri comportamenti, comprese le decisioni d’acquisto. Studi di settore lo attestano: il percorso che il consumatore compie prima di comprare qualcosa, comprende anche la musica. Vediamo perché.
In un momento storico come quello che stiamo vivendo in cui i mercati sono saturi e gli utenti sempre più evoluti e via via meno fedeli alle marche, le aziende devono puntare su qualcosa di più, che vada oltre al singolo prodotto e conoscere i fattori che influenzano il comportamento del consumatore. Perché questo accada entrano in gioco due importanti concetti da cui vogliamo partire:
Superato l’iniziale scetticismo del mondo del retail, lo studio di strategie di comunicazione che utilizzano la musica come leva di marketing capace di aiutare il consumatore nella scelta di cosa comprare, sta progressivamente prendendo piede. Del resto, se nella vita di tutti i giorni i nostri sensi, vista e udito in particolare, assumono un ruolo fondamentale nel modo di approcciarci alla realtà, perché non dovrebbero fare altrettanto durante un processo di acquisto o di customer satisfaction?
Ebbene sì, esiste una musica per aumentare le vendite. Lo dimostra una ricerca condotta nel 2016 dall’Università Bocconi nell’ambito del music design e delle radio in store. Dall’analisi svolta risulta, infatti, che se in un negozio viene trasmessa una musica capace di creare un ambiente positivo e piacevole, il cliente è propenso a spendere dal 2 al 10% in più.
Dallo studio emergono due aspetti davvero rilevanti:
Chi sceglie con attenzione la musica più adatta da mettere in negozio, in base alla tipologia di attività, al target, ai prodotti-servizi offerti e alla filosofia del brand, ne giova sia dal punto di vista dell’aumento delle vendite, sia per ciò che riguarda l’affluenza e il tempo di permanenza del consumatore nello store. Chi, invece, preferisce non diffondere musica o, peggio ancora, sbaglia la playlist, rischia di ottenere l’effetto contrario.
Entrare in un esercizio commerciale e sentirsi a disagio, implica, inevitabilmente, che la nostra presenza sarà ridotta al minimo indispensabile. Se c’è qualcosa che non va tipo la musica a volume troppo alto, un’illuminazione fastidiosa o un odore forte e sgradevole, il nostro cervello terrà a mente l’esperienza negativa, ci spingerà ad andarcene il prima possibile e a non ritornare in futuro.
La musica non può mai essere un elemento di disturbo. Deve aumentare il coinvolgimento dei buyer, migliorare la percezione sensoriale all’interno del punto vendita e, così facendo, riuscire, addirittura, a stimolare un vero e proprio senso di fedeltà al brand.
Come sappiamo, oggi l’utente che vuole acquistare qualcosa ha tantissimi strumenti che gli permettono di farlo senza muoversi da casa. La modalità di acquisto online, infatti, ha fortemente penalizzato le vendite all’interno degli store e, se un potenziale cliente sceglie il negozio fisico invece di quello virtuale è perché ha trovato qualcosa, oltre alla convenienza, di davvero stimolante. Cosa? Sicuramente l’interazione con il personale e l’atmosfera piacevole e positiva. Entrambe, come abbiamo visto, dipendono anche dalla scelta della musica.
Il concetto è molto semplice: se mi sono trovato bene in un posto (qualsiasi esso sia), perché non ritornarci un’altra volta? Attenzione, allora, a scegliere correttamente la playlist per il vostro negozio e a considerarla parte integrante della vostra identità di marca. Costruite, con la musica, un’esperienza di valore legata al brand, ne gioverà la customer journey (ovvero il legame cliente-azienda), e lo shopping sarà influenzato in maniera positiva.